venerdì 18 maggio 2012

Zio Karl e Chanel: manuale di semiotica per fashion victims.

Da ormai una settimana ho iniziato a scrivere a tempo pieno la tesina per un esame, ovvero Analisi dei Testi Pubblicitari. Visto i miei tempi da lumaca, soprattutto quando si tratta di iniziare a mettere nero su bianco sul foglio immacolato del pc, e il cambio repentino del tema - la prima idea era sul product placement nei videoclip musicali  -, ci ho messo ben sei mesi ad ingranare la marcia con la scrittura. Shame on me.
Adoro scrivere e preparare tesine, per di più quando l'argomento lo posso scegliere io, quindi ci metto anima e corpo per fare un bel lavoro. Lo so, tempo e fatica sprecati, però son soddisfazioni. 
Comunque, se ve lo state domandando: sì, mi sto complicando l'esistenza universitaria per questa stupida tesina. Ci sto mettendo lo stesso impegno che richiede la stesura di una tesi della triennale!



Poco male, mi sto facendo una cultura pazzesca di marketing e branding di moda. Se volete consulenze a riguardo chiedete, vi farò uno sconto sulla parcella giusto perché siamo amici.

Il tema della tesina, in poche parole, tratta di pubblicità di moda, o meglio del discorso di marca di moda - robaccia da nerd di semiotica -, con focus sull'immagine del brand Chanel e l'analisi di due annunci stampa di due epoche diverse. E bla bla bla... 

La mia tesina si chiama Fashion Branding - Analisi del Mito di Chanel.
I più attenti, quelli che alla scuola elementare portavano la mela alla maestra, noteranno l'allusione al Mito in termini levi-straussiani. Bravi, 100 punti a Grifondoro.


Visto che sono alla ricerca di vecchie ads di Chanel, con pochi risultati purtroppo, e il mio senso critico verso le campaign del brand si è affinato, non potevo non soffermarmi sulla advertising - notare il lessico specifico di settore. Prof. mi faccia passare l'esame sulla fiducia - ideata per la "Boy" bag, che vede come testimonial Alice Dellal.


Ecco che il mio cervello parte in quinta con Quadrati Semiotici, Formanti Plastici, Isotopie, Teoria dell'Enunciazione e tutta quella robaccia lì. Ma vi risparmierò la lagna.

Premessa: pensavo che Alice Dellal fosse un po' scomparsa a livello lavorativo e invece adesso me la ritrovo un po' ovunque, addirittura qui, da Chanel. Poco male, non mi dispiace affatto come modella. Però Alice hai delle mani orribili, lasciatelo dire.

Non ci vuole una laurea in Scienze della Comunicazione con specialistica in Semiotica per capire il giochetto messo in scena da zio Karl: ecco in bella mostra Alice in tutta la sua attitudine punk, con tanto di half-shaved head e calze strappate, inserita in un contesto raffinato ed elegante, per creare un'armonica antitesi tra gioventù ribelle e stile aristocratico. Inoltre, la testimonial indossa due soli colori, bianco e nero, all'intero visual che, guarda un po' che caso, rappresentano l'immagine di Chanel, come se lei incarnasse i valori della maison, che in lei convivono e sono esaltati. 

Si può addirittura pensare che questa campagna sia un po' l'emblema della filosofia della maison, in quanto sempre in perfetto equilibrio tra buon gusto e stile sofisticato, e, all'opposto, una tendenza anticonformista e pronta ad emergere dalla massa. 
Questi valori hanno origine proprio dalla fondatrice della griffe, una certa Gabrielle "Coco" Chanel, vera rivoluzionaria e visionaria della moda per la sua epoca, e che si sono mantenuti forti fino a giorni nostri. 

Se la cosa vi può interessare, vi informo che siamo davanti ad un caso di semi-simbolismo, ovvero che c'è una corrispondenza tra una categoria del piano dell'espressione e una categoria del piano del contenuto, a differenza di un sistema simbolico in cui si trovano in relazione solo un termine per ciascuno dei due piani

Molto interessante è anche l'argomentazione di Jean-Marie Floch sul Total Look Chanel e sulla realizzazione e il mantenimento dell'identità del marchio. Floch tira in causa lo storico d'arte Heinrich Wolfflin e le sue categorie Classico e Barocco: secondo Floch il Total Look Chanel rientra nella categoria Classica, ma, attenzione, solo apparentemente, perché presenta alcuni elementi Barocchi sul Piano del Contenuto, che contrastano e, allo stesso tempo, completano ed esaltano il resto. 
Fermi un attimo, cos'è il Piano del Contenuto? Altro concetto da nerd che vi risparmio, sappiate solo che è stato introdotto da Louis Hjelmslev e che, in termini molto spiccioli - non me ne vogliano gli integralisti della Semiotica - corrisponde al Significato; questo Piano va a braccetto col Piano dell'Espressione, che corrisponde più o meno al Significante.
Se volete sapere che cosa sono Significante e Significato potete andare su Wikipedia.

Comunque, questa campagna personalmente non mi fa impazzire, però devo riconoscere che a livello tecnico funziona alla grande, o almeno rende alla perfezione l'universo tematico della Boy bag e, più in generale, dell'intero universo Chanel. 


Sempre per questa dannata tesina sono andata alla ricerca di alcune campagne passate di Chanel. Ecco qui quella della spring/summer 1990


Bellissima, non trovate? Ah come erano diverse le ads vent'anni fa! 
Vent'anni fa?! 
Perché sono sempre convinta che l'anno 1990 sia solo dieci anni fa? E' come se la mia mente ignorasse totalmente il primo decennio degli anni 2000.

Tornando a noi:

Models: Claudia Schiffer, Helena Christensen, Michelle Legare, Cameron Alborzian.
Photographer: Karl Lagerfeld.



Ed eccone una della collezione fall/winter 1982.


Models: Joan Severance & Jackie Adams
Photographer: Arthur Elgort.


Come avete potuto intuire sono abbastanza sotto con lo studio e con questa maledetta tesina - che sta giungendo a conclusione, giuro -, quindi vi chiedo perdono se ultimamente i post scarseggiano, ma tenete duro tornerò presto a scrivere cazzate con regolarità. 

Unibo un giorno ti dirò addio. 
Non è una minaccia, è una promessa.


Cecilia

3 commenti:

  1. Studi una cosa veramente figa. Ho anche provato a capire cosa fosse su wikipedia ma faccio comunque un po' di fatica (e non sto sfottendoti).

    L'articolo sugli hipster bolognesi è "mah"!
    Anche qui a Torino solo gli over 60 si vestono bene, mannaggia! Devo andare ai cinema con le sale minuscole di pomeriggio per prendere spunti.

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    1. Semiotica, una brutta storia. Figurati, anch'io a volte ho ancora problemi a capirla..

      Ma gridiamo una volta per tutte che i veri Hipster italiani sono gli anziani! Io da anni prendo stalkerizzo una signora (secondo me donna in carriera o comunque inserita in giri fighi) che si veste troppo bene: minimal, sempre in bianco e nero, aveva i capelli cortissimi biondo platino. Uno stile impeccabile che tante ragazze di vent'anni possono solo sognarselo (me inclusa).

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    2. Pure io! Ma l'ho vista solo una volta, sul mio solito pullman: sui 60, completo grigio con pantaloni da uomo, scarpe basse. Lei molto alta, con un caschetto biondo cenere grigiastro-ROSA!!!!!!!!!!!!!!!!!

      Da vecchia, ho già detto a tutti, lei sarà la mia icona! Vorrei già da ora ma sto male se penso a tagliarmi i capelli e poi comunque non sarò mai la stangona che era lei!

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